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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi 2010-02-05

L'allarme della direzione antimafia di Palermo dopo la sospensione di un procedimento

In una norma del pacchetto sicurezza aggravanti che fanno salire le pene e spostano i casi in Assise

"Nuove leggi, tribunali incompetenti"

A rischio molti processi di mafia

Alfano: "Non permetteremo che i boss ricevano paradossali benefici"di

 

ST

DG

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Dalessandro Giacomo

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Internet, l'informatore, ll Giornalista, la stampa, la TV, la Radio, devono innanzi tutto informare correttamente sul Pensiero dell'Intervistato, Avvenimento, Fatto, pena la decadenza dal Diritto e Libertà di Testimoniare.. Poi si deve esprimere separatamente e distintamente il proprio personale giudizio..

 

Il Mio Pensiero:

 

AVVENIRE

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2010-02-05

 

6 Febbraio 2010

Giustizia e politica

Mafia, processi a rischio. Alfano: interverremo

Processi per mafia a rischio azzeramento. E, ironia della sorte, per l’inasprimento delle pene deciso da alcune recenti norme tra le quali la ex Cirielli del 2005 e il pacchetto sicurezza approvato dal Parlamento nel 2008. A lanciare l’allarme sono i magistrati della procura di Palermo, dopo una recente decisione della Cassazione che, proprio per questi inasprimenti, ha stabilito che i processi per mafia passino dalla competenza del tribunale a quella della Corte d’assise. Non solo ipotesi, visto che già alcuni processi in corso sia nel capoluogo siciliano che a Catania e Termini Imerese, sono stati di fatto bloccati.

Ma a rischio ne sarebbero centinaia, alcuni molto importanti, come uno dei tronconi di "Addio pizzo" per le estorsioni a Palermo o quello a Giuseppe Setola, il boss dell’ala stragista dei casalesi. E dalla procura arriva l’invito al governo ad intervenire, soprattutto per evitare che il dilatarsi dei tempi dei processi faccia uscire qualche mafioso dal carcere. Altro rischio, e questa volta sono gli avvocati a lanciare l’allarme, è quello che alla fine si sovraccarichino di lavoro le Corti d’assise. Così il ministro della Giustizia Angelino Alfano interviene assicurando un veloce intervento chiarificatore. "Faremo di tutto per evitare che ci possano essere conseguenze negative e che si possa creare un grande paradosso e cioè che dall’inasprimento delle pene per i reati di 416 bis possano derivare benefici per i boss", assicura il Guardasigilli cercando anche di tranquillizzare: "Eviterei aggettivi estremi ed eccessi di ansia perché il governo dell’antimafia delle leggi e dei fatti, provvederà a fare in modo che effetti distorsivi non si verifichino. Tutti stiano tranquilli perché il Governo farà in modo che non ci siano conseguenze negative nascenti da un fatto positivo".

Ma il Pd, per bocca del suo segretario chiede subito risposte concrete. "La sentenza della Cassazione che indica la competenza della Corte di Assise e non del tribunale a giudicare per associazione mafiosa i capimafia rischia di avere effetti catastrofici sui processi in corso – attacca Pier Luigi Bersani –. Bisogna che il governo intervenga immediatamente con un provvedimento d’urgenza per ristabilire certezza normativa sulla competenza dei tribunali".

"C’è un buco nella legge, c’è un problema normativo: serve una correzione", è il commento che trapela dalla Cassazione. E, in effetti, come conferma un presidente di tribunale l’unica soluzione sarebbe un decreto legge che sancisca che la competenza, malgrado gli inasprimenti, non si trasferisce alle Corti d’assise. La questione, infatti, è tutta qui. La sentenza, emessa dalla prima sezione penale della Cassazione il 21 gennaio scorso, riguarda un processo celebrato a Catania (contro Attilio Amante e altri otto imputati), in cui si erano dichiarati incompetenti sia il Tribunale, con un’ordinanza del 7 maggio 2009, che la Corte d’assise, con un’altra ordinanza, datata 12 ottobre. Due settimane fa la Suprema Corte ha stabilito che competente a giudicare è la Corte d’assise: secondo i supremi giudici, in presenza di alcune aggravanti, la pena può lievitare anche fino a 30 anni e dunque il dibattimento deve essere tenuto davanti alla Corte d’assise (competente per reati puniti con l’ergastolo o la reclusione non inferiore ai 24 anni).

Possibile conseguenza è l’azzeramento di molti i processi di mafia, anche quelli già chiusi con sentenze che non siano ancora definitive. La sentenza della Cassazione (finora è noto solo il dispositivo), sta suscitando dubbi e perplessità negli uffici giudiziari, con importanti processi per mafia che rischiano di ricominciare da zero. La questione, sollevata da numerosi pm, sarà affrontata lunedì 15 febbraio dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, presieduta da Francesco Messineo (che ieri ha comunque escluso il rischio di scarcerazioni). Paradossalmente, a scatenare l’emergenza è stata una norma contenuta nel pacchetto sicurezza, divenuto legge nel luglio 2008: se agli imputati di associazione mafiosa vengono infatti contestate talune aggravanti - ad esempio essere stati "capi e promotori", di avere agito con un’associazione armata e di avere reimpiegato in iniziative economiche i proventi di attività criminali - la pena lievita anche fino a 30 anni e dunque scatta la competenza della Corte d’assise.

"Una catastrofe, dai potenziali effetti devastanti" avverte il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia che accusa: "Questo è il risultato dell’approssimazione con cui si fanno le leggi in tema di mafia. Sono gli effetti di una legislazione che va avanti a strappi, in modo schizofrenico e disorganico".

Antonio Maria Mira

 

 

CORRIERE della SERA

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2010-02-05

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

REPUBBLICA

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2010-02-06

Tecnici di via Arenula al lavoro per ovviare agli effetti "indesiderati" dell'inasprimento delle pene previsto dalla "ex Cirielli"

Il procuratore Grasso: "Se resterà così bisognerà praticamente rinnovare tutta l'attività dibattimentale fino adesso compiuta"

Mafia, al ministero si cerca di correre ai ripari

per evitare la scarcerazione dei boss in prigione

Presto un dl per inserire l'associazione mafiosa tra i reati per i quali resta fissata la competenza del Tribunale

e non della Corte d'Assise anche in presenza di particolari aggravanti con previsione di pena di 24 o più anni

Mafia, al ministero si cerca di correre ai ripari per evitare la scarcerazione dei boss in prigione

Il Palazzo di Giustizia sede della Corte di Cassazione a Roma

ROMA - Estendere la competenza dei tribunali ordinari ai reati di associazione mafiosa, comunque aggravati e qualunque sia la pena edittale massima, agendo sull'articolo 5 del codice di procedura penale che determina i reati di competenza della Corte di Assise e quelli esclusi. E' questa una delle ipotesi, al momento assai plausibile, alla quale stanno pensando i tecnici del ministero della Giustizia, in attesa delle motivazioni della Cassazione, per ovviare agli effetti "indesiderati" dell'inasprimento delle pene previsto dalla legge "ex Cirielli" e, più specificamente, allo spostamento in Corte di Assise di numerosi processi di criminalità organizzata, con il rischio di centinaia di scarcerazioni in tutta Italia. "Se le cose resteranno così bisognerà praticamente rinnovare tutta l'attività dibattimentale fino adesso compiuta", ha detto in una intervista a Repubblica il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso.

A breve, già entro la prossima settimana, potrebbe essere pronto un decreto legge, costituito da un solo articolo, di modifica dell'articolo 5 della codice di procedura penale, con inserimento dell'articolo 416 bis (associazione di tipo mafioso) tra i reati per i quali resta fissata la competenza del Tribunale (e non della Corte d'Assise) anche in presenza di particolari aggravanti con previsione di pena di 24 o più anni.

In tal modo, spiegano dal ministero della Giustizia, si avrebbe la competenza del tribunale senza eliminare l'inasprimento delle norme antimafia che potrebbe essere interpretato come un segnale di cedimento al crimine organizzato. Una modifica di questo tipo, peraltro, fanno notare le stesse fonti, salverebbe tutti i procedimenti ancora non conclusi, perché le norme procedurali intervengono su tutti i processi di ogni ordine e grado.

 

Il legale. Il caso è stato aperto dall'avvocato Ernesto Pino, difensore del boss catanese Paolo Brunetto: "L'idea mi è venuta leggendo le norme del recente pacchetto sicurezza, che, con le aggravanti, prevede un ulteriore aumento delle pene per i capi di Cosa Nostra, che superano i trent'anni. Così ho deciso di sollevare la questione davanti al tribunale", racconta il legale che nel maggio scorso ha sollevato l'eccezione di incompetenza per materia del tribunale, sostenendo che il suo assistito doveva essere giudicato dalla Corte d'Assise. E la Cassazione due settimane fa gli ha dato ragione, ordinando che il processo "Amante più 8" in cui è imputato anche il suo assistito si svolga in Corte d'Assise. Una decisione che adesso rischia di "azzerare" centinaia di processi.

La sentenza della Corte Suprema, che ha ammesso l'esistenza di un "buco" normativo, ha lasciato interdetto anche il legale: "Pensavo che mi avrebbero dato torto, non perché la mia istanza non fosse fondata ma per motivi di politica giudiziaria. Trasferire i processi in corso in Corte d'Assise rischia infatti di bloccare tutto. Comunque sono certo che risolveranno la questione alla solita maniera, con un decreto legge".

Le reazioni. ''Chiediamo al governo di intervenire subito, emanando al più presto un decreto", dice Anna Finocchiaro, presidente del gruppo del Pd al Senato. "Per

quanto riguarda il Pd - aggiunge la Finocchiaro - noi ci muoveremo per le vie di nostra competenza, presentando in Parlamento già da lunedì un emendamento finalizzato a raggiungere al più presto questo obiettivo''.

"Il centrodestra e il governo, coerenti con un rigoroso impegno antimafia che dura da tempo immemorabile, assumeranno le iniziative volte a evitare annullamenti di processi e scarcerazioni", assicura il presidente dei senatori del Pdl Maurizio Gasparri. "Ma la cosa grave che lo stesso Grasso ammette (nell'intervista a Repubblica ndr) - dice ancora Gasparri - è che molti magistrati, evidentemente impegnati in comizi, tournee politiche ed esternazioni di varia natura, si sono dimenticati di applicare la legge che ha proprio lo scopo di determinare condanne ancora più pesanti per i capi delle cosche. Grasso ripristina la verità mentre alcuni suoi colleghi, che anche il Procuratore Nazionale Antimafia tende a bacchettare, si sono abbandonati a esternazioni facili basate su menzogne per denigrare il centrodestra. Chi ha sbagliato - conclude l'esponente del Pdl - sono i magistrati che devono applicare la legge".

(06 febbraio 2010) Tutti gli articoli di Cronaca

 

 

 

 

 

L'intervista. Dopo l'allarme processi parla il procuratore

"Ma per cinque anni non ce ne siamo accorti"

Grasso: "Subito un decreto

o usciranno centinaia di boss"

di ATTILIO BOLZONI

Grasso: "Subito un decreto o usciranno centinaia di boss"

ROMA - Quanti processi di mafia verranno annullati e quanti boss dovranno essere giudicati un'altra volta? "Centinaia di mafiosi in Italia, se le cose resteranno così bisognerà praticamente rinnovare tutta l'attività dibattimentale fino adesso compiuta". E ci saranno mafiosi che usciranno dalle galere? "Il rischio di molte scarcerazioni sarà inevitabile". Il procuratore nazionale Pietro Grasso legge le agenzie di stampa che arrivano nel suo ufficio di via Giulia e rovista tra carte e codici. Scuote la testa, dice: "Bisognerà intervenire subito, è un brutto pasticcio. Ma la vicenda è estremamente complicata perché la colpa di tutto questo risale a cinque anni fa. È una vicenda anche complicata, forse è meglio cominciare dall'inizio".

Cominciamo dall'inizio procuratore Grasso.

"Le recenti modifiche del pacchetto sicurezza hanno aumentato per quanto riguarda il comma incriminato - quello che fa scattare la competenza della corte di assise - soltanto il minino da 10 a 12 anni, la pena più grave era già prevista nella legge Cirielli del 2005. Quindi, già 5 anni fa, si sarebbe dovuto separare la posizione dei vari boss e dai tribunali rinviarla a giudizio davanti alla corte di assise. In sostanza: tutto quello che sta accadendo è la conseguenza della Cirielli e non delle norme antimafia contenute nel pacchetto governativo".

Lei sta dicendo che ci si è accorti solo oggi, dopo 5 anni, che i capi delle associazioni mafiose avrebbero dovuto subire un processo non in un tribunale ma in una corte di assise? È così?

"È così. Per un'evidente disattenzione processuale, nel richiedere e ottenere il rinvio presso i tribunali dei capi delle organizzazioni mafiose insieme ai singoli associati. Non se n'accorto nessuno: né magistrati e né avvocati e nemmeno noi della procura nazionale antimafia. Oggi, il 21 gennaio scorso, la Cassazione investita da un conflitto di competenze sollevato dalla corte di assise di Catania, ha deciso che i capi delle associazioni devono essere giudicati dalle corte di assise e non dei tribunali".

 

Gli effetti saranno disastrosi. Molti grandi capi di Cosa nostra già condannati in tribunale dovranno ricomparire in corte di assise per affrontare un altro giudizio?

"C'è gente come Nino Rotolo, come i Madonia di Resuttana, i Lo Piccolo padre e figlio... e tanti altri ancora. Non siamo in grado di monitorare al momento la situazione e, comunque, la cosa più importante adesso è intervenire subito".

Cosa si può fare per non cancellare decine e decine di processi?

"È necessario e urgentissimo un intervento - anche con decreto legge - per evitare queste conseguenze. Ci vuole una norma transitoria che blocchi la situazione, che si applichi a bocce ferme, che valga per tutti i processi pendenti evitando che gli effetti si perpetuino. Bisogna anche intervenire sul passato, sui processi già fatti".

In un primo momento era sembrato che tutto questo pasticcio avesse avuto origine dal pacchetto antimafia governativo...

"Mi meraviglia come certi miei colleghi affrontino con superficialità e approssimazione certe valutazioni, senza neppure avere la diligenza di rilevare da un qualsiasi codice di udienza che l'aumento di pena a 24 anni - nell'ipotesi della duplice aggravante nei confronti dei capi e dei promotori di un'associazione mafiosa, che abbia anche la disponibilità di armi ed esplosivi - veniva da un aumento di pena che risale alla Cirielli del 2005".

Il governo non l'avrebbe mai fatto, procuratore?

"Veramente c'è un disegno di legge delega presentato dal ministro Alfano sulle modifiche da apportare al codice di procedura penale - è il numero 1440 pendente al Senato - che prevede che tutti i reati più gravi di competenza delle procure antimafia - quindi anche il 416 bis, l'associazione di tipo mafioso - diventino ai fini del giudizio di competenze delle corti di assise".

Procuratore, rispetto alla Cirielli non cambia nulla: c'è chi spinge a far giudicare i mafiosi in corte di assise.

"C'è una volontà politica di far arrivare quei processi in quelle corti di assise dove ci sono i giudici popolari. Non va bene: i processi di mafia non sono processi "normali" ma processi ad alto tasso tecnico giuridico nella valutazione della prova. E richiedono una grande competenza che, ovviamente, può avere solo un giudice togato e non un giudice popolare".

© Riproduzione riservata (06 febbraio 2010) Tutti gli articoli di Cronaca

 

 

 

 

2010-02-05

L'allarme della direzione antimafia di Palermo dopo la sospensione di un procedimento

In una norma del pacchetto sicurezza aggravanti che fanno salire le pene e spostano i casi in Assise

"Nuove leggi, tribunali incompetenti"

A rischio molti processi di mafia

Alfano: "Non permetteremo che i boss ricevano paradossali benefici"di ALESSANDRA ZINITI

PALERMO - Alfano rassicura: "Non permetteremo che i boss abbinao paradossali benefici". Ma intanto l'allarme è scattato. L'inasprimento delle pene per i mafiosi rischia di far saltare decine e decine di processi a boss e gregari di Cosa nostra. "Colpa" di una norma del "pacchetto sicurezza" che ha previsto che, in presenza di tre aggravanti, le condanne per il reato di associazione mafiosa possano anche arrivare a 25-30 anni, tetto che "sfora" le competenze dei tribunali davanti ai quali si celebrano i processi per mafia ed estorsioni. Quando le pene comminabili diventano così alte il processo passa alla competenza della corte d'Assise.

Il risultato è che, da due giorni, in Sicilia già tre processi hanno subito uno stop imprevisto dopo che la Corte di Cassazione, accettando l'istanza di alcuni difensori degli imputati in un processo in corso a Catania, ha dichiarato l'incompetenza dei tribunali a giudicare in presenza di aggravanti e ha azzerato tutto assegnando il dibattimento alla corte d'Assise. E questa mattina a Palermo altri due processi si sono fermati per lo stesso motivo, quello contro i boss di San Lorenzo Madonia ed un troncone del dibattimento "Perseo". Ed è facile precedere che, nei prossimi giorni, la stessa sorte subiranno molti altri processi.

In allarme la Direzione distrettuale antimafia che ha convocato una riunione per lunedì 15 febbraio per fare il punto su questa nuova "emergenza" che rischia di mandare in fumo decine e decine di processi. E sembra che il rischio di un azzeramento sussista anche per processi già conclusi in appello e in attesa di Cassazione visto che il testo della norma recita "in ogni stato e grado del giudizio". Tutto quello che è già stato fatto dai tribunali, dunque, verrebbe azzerato con gravissime conseguenze sia per i tempi del giudizio, sia per i provvedimenti di libertà personale degli imputati.

 

Quanto alla durezza delle condanne non è un'eventualità teorica: proprio la settimana scorsa i boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo hanno avuto 30 anni in uno dei dibattimenti del filone "Addiopizzo", perché nei loro confronti i giudici hanno applicato la recidiva reiterata e specifica e le aggravanti di essere stati "capi e promotori", di avere costituito un'associazione armata e di avere sfruttato i proventi di attività illecite in iniziative economiche. Stessa cosa, è avvenuto nel processo d'appello Gotha per il boss Nino Rotolo, condannato a 29 anni. Scontato ritenere che le difese degli imputati non si faranno sfuggire l'occasione per provare ad azzerare i processi e ricominciare tutto daccapo.

Alfano corre ai ripari. "Tutti possono stare tranquilli: il governo farà in modo che non ci siano conseguenze negative da un fatto positivo come l'inasprimento delle pene per i reati di 416 bis". Così rassicura il ministro alla Giustizia Angelino Alfano, che oggi è a Palermo.

"Non conosco nella sua motivazione, ma solo nel dispositivo la sentenza di Cassazione - ha detto - faremo di tutto per evitare che ci possano essere delle conseguenze negative per evitare un grande paradosso, e cioè che dall'inasprimento delle pene possa derivare un beneficio per i boss. Eviterei aggettivi estremi ed eccessi di ansia - ha aggiunto rispondendo ai giornalisti che riportavano le dichiarazioni allarmate di alcuni magistrati - perchè il governo dell'antimafia, delle leggi e dei fatti, provvederà a evitare che effetti distorsivi possano verificarsi soprattutto per i processi in corso".

© Riproduzione riservata (05 febbraio 2010) Tutti gli articoli di Cronaca

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'UNITA'

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2010-02-05

Cassazione: una norma aiuta i boss. Si studia un decreto

"Faremo di tutto per evitare che ci possano essere conseguenze negative e che si possa creare un grande paradosso e cioè che dall'inasprimento delle pene per i reati di 416 bis possano derivare benefici per i boss". Lo ha detto a Palermo il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, commentando il recente provvedimento della Cassazione che, a causa delle norme contenute nel pacchetto sicurezza, rinvia le competenze e i reati con pene superiori a 24 anni alle Corti di Assise invece che ai Tribunali.

I tecnici del ministero della giustizia sono già al lavoro. Entro la prossima settimana, potrebbe essere pronto un decreto legge, costituito da un solo articolo, di modifica dell'articolo 5 della codice di procedura penale, con inserimento dell'articolo 416 bis (associazione di tipo mafioso) tra i reati per i quali resta fissata la competenza del Tribunale (e non della corte d'assise) anche in presenza di particolari aggravanti con previsione di pena di 24 o più anni. In tal modo - spiegano fonti del Ministero della Giustizia - si avrebbe la competenza del tribunale senza eliminare l'inasprimento delle norme antimafia che potrebbe essere interpretato come un segnale di cedimento al crimine organizzato. Una modifica di questo tipo, peraltro - fanno notare le stesse fonti - salverebbe tutti i procedimenti ancora non conclusi, perchè le norme procedurali intervengono su tutti i processi di ogni ordine e grado.

"Eviterei aggettivi estremi ed eccessi di ansia - ha aggiunto Alfano commentando l'allarme di alcuni Pm - perché il governo dell'antimafia delle leggi e dei fatti, provvederà a fare in modo che effetti distorsivi non si verifichino. Tutti stiano tranquilli perché il Governo farà in modo che non ci siano conseguenze negative nascenti da un fatto positivo". Alfano ha spiegato di non conoscere ancora la sentenza della Cassazione nelle sue motivazioni, perchè non è stata pubblicata, "ma conosco - ha concluso - il dispositivo".

Il Partito democratico chiede al governo di intervenire "immediatamente", anche "con una norma transitoria" per "correggere" la parte del pacchetto sicurezza che ha bloccato in Sicilia già tre processi per mafia su decisione della Corte di Cassazione e che ha messo in allarme la Direzione distrettuale antimafia che ha già convocato una riunione lunedì 15 febbraio: la norma della legge Alfano approvata l'anno scorso con l'intento di inasprire la lotta alla mafia infatti prevede che, in presenza di tre aggravanti, le condanne per il reato di associazione mafiosa possano anche arrivare a 25-30 anni, una pena così alta da non essere più competenza dei tribunali davanti ai quali si celebrano i processi per mafia ed estorsioni, ma della corte d'Assise.

"Mi auguro - afferma il capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti - che si tratti solo di un errore, non voglio neanche pensare che qualcuno possa aver scritto una norma che destabilizza in questo modo la lotta alla criminalità organizzata. In ogni caso è evidente che l'errore si sta trasformando in orrore. Alfano dovrebbe intervenire immediatamente almeno con una norma transitoria che conservi la competenza dei tribunali per i procedimenti di mafia già iniziati in dibattimento. Il rischio è che tutto debba ricominciare da capo: sarebbe un regalo alla mafia e un danno durissimo per lo stato".

05 febbraio 2010

 

 

 

 

Cassazione: una norma aiuta i boss. Alfano: "Eviteremo risvolti negativi"

"Faremo di tutto per evitare che ci possano essere conseguenze negative e che si possa creare un grande paradosso e cioè che dall'inasprimento delle pene per i reati di 416 bis possano derivare benefici per i boss". Lo ha detto a Palermo il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, commentando il recente provvedimento della Cassazione che, a causa delle norme contenute nel pacchetto sicurezza, rinvia le competenze e i reati con pene superiori a 24 anni alle Corti di Assise invece che ai Tribunali.

"Eviterei aggettivi estremi ed eccessi di ansia - ha aggiunto Alfano commentando l'allarme di alcuni Pm - perché il governo dell'antimafia delle leggi e dei fatti, provvederà a fare in modo che effetti distorsivi non si verifichino. Tutti stiano tranquilli perché il Governo farà in modo che non ci siano conseguenze negative nascenti da un fatto positivo". Alfano ha spiegato di non conoscere ancora la sentenza della Cassazione nelle sue motivazioni, perchè non è stata pubblicata, "ma conosco - ha concluso - il dispositivo".

Il Partito democratico chiede al governo di intervenire "immediatamente", anche "con una norma transitoria" per "correggere" la parte del pacchetto sicurezza che ha bloccato in Sicilia già tre processi per mafia su decisione della Corte di Cassazione e che ha messo in allarme la Direzione distrettuale antimafia che ha già convocato una riunione lunedì 15 febbraio: la norma della legge Alfano approvata l'anno scorso con l'intento di inasprire la lotta alla mafia infatti prevede che, in presenza di tre aggravanti, le condanne per il reato di associazione mafiosa possano anche arrivare a 25-30 anni, una pena così alta da non essere più competenza dei tribunali davanti ai quali si celebrano i processi per mafia ed estorsioni, ma della corte d'Assise.

"Mi auguro - afferma il capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti - che si tratti solo di un errore, non voglio neanche pensare che qualcuno possa aver scritto una norma che destabilizza in questo modo la lotta alla criminalità organizzata. In ogni caso è evidente che l'errore si sta trasformando in orrore. Alfano dovrebbe intervenire immediatamente almeno con una norma transitoria che conservi la competenza dei tribunali per i procedimenti di mafia già iniziati in dibattimento. Il rischio è che tutto debba ricominciare da capo: sarebbe un regalo alla mafia e un danno durissimo per lo stato".

05 febbraio 2010

 

 

 

Quirinale: su giustizia riforme organiche

di Marcella Ciarnellitutti gli articoli dell'autore

Una conversazione sulle prospettive future della riforma della giustizia improntata come sempre a una chiara e leale collaborazione". Queste lo stringato resoconto del ministro della Giustizia, Angelino Alfano, sull’incontro avuto al Quirinale con il presidente della Repubblica mentre alla Camera entrava in dirittura d’arrivo il legittimo impedimento. Poche parole, dal Colle nessun commento, in cui spicca quel "prospettive future" che anticipa un gran lavoro ad un percorso, non è ancora definito quale potrebbe essere, che consentirebbe a Silvio Berlusconi di evitare i conti con la giustizia, attraverso la staffetta dal legittimo impedimento ad una norma, non più transitoria, ma articolata in modo tale da non incappare più nella bocciatura della Corte Costituzionale, com’è accaduto nell’ottobre scorso, per il Lodo che portava il nome del Guardasigilli.

L’incontro al Colle è servito innanzitutto per formalizzare con Napolitano, che le sue perplessità non aveva mancato di farle pervenire, lo stop del governo all’iniziativa del senatore Giuseppe Valentino che modificherebbe la possibilità di utilizzare le dichiarazioni dei pentiti. Il ministro Alfano ha voluto sancire nella più alta sede il netto no dell’esecutivo alla decisione "personale" del parlamentare che ha continuato a sostenere la sua idea: "Prendo atto della contrarietà del ministro, ma io non faccio passi indietro" contando almeno sul sostegno di Maurizio Gasparri per cui "non è accettabile il tono inquisitorio con cui si è liquidata quella proposta di legge". Ce ne sarebbero altri tifosi della proposta, non a caso presentata in Commissione Giustizia, quando cominciarono a trapelare i primi verbali di Gaspare Spatuzza su Marcello Dell’Utri, che non ha nessuna intenzione di finire stritolato nell’ingranaggio com’è successo in qualche modo ad un personaggio di indubbia forza qual è Cesare Previti. Ma molti di più sono quelli il cui interesse principale e salvare in ogni modo il Cavaliere.

La riforma della giustizia, nel suo complesso, è un impegno su cui sovente il presidente ha richiamato tutti i soggetti che di essa sono oggettivi protagonisti. L’invito di Napolitano, anche nell’ultimo discorso fatto alle alte cariche dello Stato alla fine dell’anno, a provvedere a norme che abbiano uno "svolgimento organico e di più alto respiro" rispetto al procedere per provvedimenti tampone dettati dall’emergenza è lì a dimostrarlo. Il Colle, nella fase di discussione sul legittimo impedimento dei giorni scorsi e nella prospettiva delle norme future, ha agito utilizzando quella "moral suasion" fatta di suggerimenti che non vanno in alcun modo ad intaccare l’autonomia di chi le leggi si assume la responsabilità di farle. Perché "quando il Parlamento lavora il presidente tace".

Nell’opera compiuta dal Quirinale c’è stato ben presente il futuro. Perché il legittimo impedimento è a termine. Ma è una legge transitoria verso cosa? La domanda, a cui al momento non è chiaro quale risposta sia possibile dare, è legittima. C’è in prospettiva un nuovo Lodo che tenga conto in tutti i suoi aspetti della sentenza della Corte Costituzionale? Oppure una riformulazione del tribunale dei ministri? O ancora una revisione dell’immunità? Il tempo a disposizione ci dovrebbe essere grazie al legittimo impedimento che, però, ha ancora da compiere l’altra parte del viaggio al Senato. Sullo sfondo di qualunque decisione, sui tempi e l’impegno, c’è la scadenza della sentenza della Cassazione su Mills, prevista per il 25 febbraio.

04 febbraio 2010

 

 

 

 

 

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